Sanatoria Immigrati, non una semplice regolarizzazione

I primi mesi del 2020 saranno ricordati, in Italia, non soltanto per la diffusione del virus Covid-19, e la conseguente gestione del momento di emergenza, ma anche per la sanatoria per regolarizzare gli immigrati clandestini presenti sul territorio italiano. A maggio 2020, infatti, in Italia è stata presa una decisione molto importante. Poco prima, a fine marzo 2020, il Portogallo aveva deciso di approvare una sanatoria per la regolarizzazione degli immigrati, per poter garantire l’accesso a una serie di servizi essenziali, e numerosi diritti a tutti i migranti e ai richiedenti asilo presenti sul territorio, che avessero richieste pendenti al momento dello scoppio dell’emergenza per il Covid-19. Poco dopo, dunque, anche l’Italia ha seguito l’esempio del Portogallo, come evidenziato dall’avvocato immigrazionista Iacopo Maria Pitorri, autore della pubblicazione “Sanatoria sulla Regolarizzazione degli Immigrati”. 

La bozza della legge sulla regolarizzazione prevedeva 18 articoli, con al centro, ovviamente, la regolarizzazione stessa, attraverso una “dichiarazione di emersione dei rapporti di lavoro“, ha analizzato l’avvocato Pitorri. L’articolo 1 del testo evidenziava proprio le finalità della sanatoria, voluta fortemente da molte parti politiche e sociali, proprio per “sopperire alla carenza di lavoratori nei settori di agricoltura, allevamento, pesca e acquacoltura“. Secondo quanto previsto dalla bozza del testo, il datore di lavoro che decidesse di mettere in regola e fare un contratto ai “cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale in condizioni di irregolarità” potrebbe farlo presentando una semplice istanza allo sportello unico per l’immigrazione. Il contratto annuale che ne conseguirebbe, porterebbe, poi, a una serie di verifiche per ottenere il permesso di soggiorno. Non una semplice regolarizzazione, dunque, come spiegato anche nel suo libro dall’avvocato Pitorri, ma una sanatoria attraverso un contratto di lavoro. Proprio in questa direzione, dunque, l’Italia si avvicinerebbe ad altre decisioni simili di paesi europei, come il Portogallo. Non una sanatoria per regolarizzare gli immigrati clandestini, dunque, ma un processo di contrattualizzazione e regolarizzazione di posizioni lavorative “in nero” o comunque poco chiare e non trasparenti. La “dichiarazione di emersione dei rapporti di lavoro” è stata, così, al centro di un dibattito molto acceso tra i mesi di marzo e aprile del 2020, per poi arrivare alla disposizione sull’”emersione” dei rapporti di lavoro, prevista dal “Decreto Rilancio” del maggio 2020.

Sanatoria Immigrati, non una semplice regolarizzazione

I primi mesi del 2020 saranno ricordati, in Italia, non soltanto per la diffusione del virus Covid-19, e la conseguente gestione del momento di emergenza, ma anche per la sanatoria per regolarizzare gli immigrati clandestini presenti sul territorio italiano. A maggio 2020, infatti, in Italia è stata presa una decisione molto importante. Poco prima, a fine marzo 2020, il Portogallo aveva deciso di approvare una sanatoria per la regolarizzazione degli immigrati, per poter garantire l’accesso a una serie di servizi essenziali, e numerosi diritti a tutti i migranti e ai richiedenti asilo presenti sul territorio, che avessero richieste pendenti al momento dello scoppio dell’emergenza per il Covid-19. Poco dopo, dunque, anche l’Italia ha seguito l’esempio del Portogallo, come evidenziato dall’avvocato immigrazionista Iacopo Maria Pitorri, autore della pubblicazione “Sanatoria sulla Regolarizzazione degli Immigrati”. 

La bozza della legge sulla regolarizzazione prevedeva 18 articoli, con al centro, ovviamente, la regolarizzazione stessa, attraverso una “dichiarazione di emersione dei rapporti di lavoro“, ha analizzato l’avvocato Pitorri. L’articolo 1 del testo evidenziava proprio le finalità della sanatoria, voluta fortemente da molte parti politiche e sociali, proprio per “sopperire alla carenza di lavoratori nei settori di agricoltura, allevamento, pesca e acquacoltura“. Secondo quanto previsto dalla bozza del testo, il datore di lavoro che decidesse di mettere in regola e fare un contratto ai “cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale in condizioni di irregolarità” potrebbe farlo presentando una semplice istanza allo sportello unico per l’immigrazione. Il contratto annuale che ne conseguirebbe, porterebbe, poi, a una serie di verifiche per ottenere il permesso di soggiorno. Non una semplice regolarizzazione, dunque, come spiegato anche nel suo libro dall’avvocato Pitorri, ma una sanatoria attraverso un contratto di lavoro. Proprio in questa direzione, dunque, l’Italia si avvicinerebbe ad altre decisioni simili di paesi europei, come il Portogallo. Non una sanatoria per regolarizzare gli immigrati clandestini, dunque, ma un processo di contrattualizzazione e regolarizzazione di posizioni lavorative “in nero” o comunque poco chiare e non trasparenti. La “dichiarazione di emersione dei rapporti di lavoro” è stata, così, al centro di un dibattito molto acceso tra i mesi di marzo e aprile del 2020, per poi arrivare alla disposizione sull’”emersione” dei rapporti di lavoro, prevista dal “Decreto Rilancio” del maggio 2020.

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